Storie di pugili by Marco Nicolini

Storie di pugili by Marco Nicolini

autore:Marco Nicolini [Nicolini, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788893710701
editore: Piano B
pubblicato: 2018-12-31T23:00:00+00:00


Tiberio Mitri

I passi tristi lungo la ferrovia sono quelli di un uomo con un fardello troppo pesante da trasportare. Il figlio Alessandro, morto di overdose a neppure trent’anni. La figlia Tiberia, morta di AIDS. Il disordine mentale, gli anni di dipendenza dalla droga. La solitudine.

Quando arriva il veloce treno sferragliante, il vecchio campione se ne avvede. Forse è proprio in quel momento che decide che non vale la pena di schivarlo. Decide che non vale la pena continuare così. Tiberio Mitri muore il 12 febbraio 2001, nei dintorni della Stazione Termini.

Le volte in cui giungo a Roma in treno, solitamente a febbraio per seguire il Sei Nazioni, immagino sempre la scena più misera che possa coinvolgere un uomo che, pur avendo toccato i fasti della gloria, non riesca a scrollarsi di dosso il vello di disperazione della caduta dall’Olimpo. In quel dedalo di binari, all’alba di un giorno grigio, Tiberio non si ritrae al treno che sembra averlo scelto; e non emette un solo grido quando, con un tonfo sordo, i suoi settantaquattro anni e mezzo di ossa e ricordi si staccano dall’anima. Tiberio, in vita, non aveva mai evitato la battaglia.

Dopo due anni di incontri interlocutori, la sua scalata era cominciata nel 1926, a Trieste, città dov’era nato, con la conquista del titolo italiano.

Dopo altri trionfi raccolti in un anno e mezzo, giunse a fregiarsi del titolo EBU, conquistandolo ai danni del belga Delannoit. Lo fece direttamente a casa dell’avversario, a Bruxelles, come fanno i campioni veri.

La chance iridata arrivò di conseguenza e aveva le sembianze italo-siciliane di Giacobbe Jake LaMotta.

Al Madison Square Garden, pur essendo Mitri abituato a combattere fuori casa, nulla poté fermare il Toro del Bronx dal tenere a sé la propria cintura di campione, anche se a fronte di quindici durissime riprese.

La distanza da Los Angeles, dove in cerca di fasti hollywoodiani si trovava la moglie Fulvia, Miss Italia 1948, non contribuì a donare a Mitri la calma necessaria per affrontare un fuoriclasse della portata di LaMotta.

La successiva vittoria a Roma contro il fortissimo Randolph Turpin, per KO alla prima ripresa, ne rinverdì la lena pugilistica: pur senza poter ripetere l’attacco al titolo mondiale, Tiberio Mitri continuò a restituire a folle che assiepavano le arene il risultato della propria grandissima classe pugilistica.

A fine carriera, dopo una trionfale tournée in terra australiana, il grande medio giuliano aveva patito sette sconfitte a fronte di ottantotto trionfi e sei pareggi.

La fortunata carriera cinematografica rinvigorì la sua fama di grande personaggio ma rinsaldò pure la sua tendenza al vizio. Soprattutto sesso e cocaina che, peraltro, non vanno per nulla d’accordo.

Colmo di rimpianti per una vita che piano piano aveva svuotato d’amore, Tiberio da Trieste si ritrovò, da pugile e attore celebrato qual era stato, a vivere da indigente in una roulotte di Firenze, prima, e in un sottoscala di Trastevere, poi.

In una delle mille interviste rilasciate, con cui cercava di sbarcare il lunario, disse ciò che rimane emblema di una situazione senza uscita: «Credevo che la vita durasse di meno».



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